Cos’è «l’effetto prima guerra mondiale» e perché potrebbe essere un bene per la carriera

Quando si inizia una professione altamente competitiva come quella del disegnatore non esiste un percorso prefissato per «fare carriera». Non ci sono scatti di anzianità, assunzioni, concorsi pubblici.

Non c’è nemmeno una vera e propria meritocrazia (quantomeno non lineare), perché di disegnatori di buon livello ce ne sono tanti, ma la carriera di ognuno procede in maniera disomogenea.

È per quello che è sempre bene riconoscere e saper approfittare delle occasioni. Perché sono rare e non vanno sprecate.

Inutile dire che – da agente – cerco sempre di indicare al mio autore qual è l’occasione e quale una falsa pista da non imboccare per la propria carriera.

Ma torniamo all’effetto prima guerra mondiale.

Lo scenario è il seguente: trincee e bombardamenti, una carneficina di soldati. Il comandante cerca di riorganizzare i suoi uomini. «Dov’è il capitano?», chiede. «È morto», gli rispondono. «E il tenente?». «È ferito, lo hanno portato via!». Il comandante chiede allora del sergente, ma gli arriva la stessa risposta.

A quel punto il comandante esce dalla trincea e ferma il primo soldato che trova. «Qual è il tuo grado?». «Caporale, signore». «Bene, adesso sei capitano, raduna la truppa!».

L’effetto prima guerra mondiale si manifesta quando, improvvisamente, si prospetta per l’autore un avanzamento di carriera che non era pianificato e per il quale probabilmente non è nemmeno pronto.

Prendere il posto di un autore titolare infortunato, subentrare per poter consegnare una scadenza impossibile, diventare colorista quando si è disegnatori e viceversa.

Non sono mosse ortodosse, e infatti tanti lasciano perdere, ma spesso si tratta di occasioni. E altrettanto spesso il mestiere è anche questo. Sapere quando è il momento giusto di saltare fuori dalla trincea.


L’immagine è tratta da
Made in the Trenches, edited by Sir Frederick Treves and George Goodchild; 1916; George Allen and Unwin , London.
via Public Domain Review

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