Armenia

[dropcap]I[/dropcap]l cursore sullo schermo lampeggia… penso “Armenia Armenia Armenia”… Vado per tentativi, scrivo: «Armenia, oggi». Guardo solo per un istante l’attacco indicibilmente orrido. Cancello e riscrivo: «Armenia, cosa è rimasto dello splendore di un tempo?». Guardo quel coso maledetto che lampeggia, che vuole da me? E poi, ma quale splendore? Un paese di merda l’Armenia, allora come oggi.

Mi accendo una sigaretta e vagolo nervosa per la stanza, poi mi attacco al telefono:

«Sono Beatrice, mi passi Mario?»
«È fuori stanza, lascio detto…»
«Lascia stare, richiamo».
Il cursore lampeggia ancora, figlio di puttana. Scrivo: «Armenia, viaggio nelle terre che un tempo erano appartenute ai Parti». Guardo il testo e penso “ma sti cazzi dei Parti”.

Il telefono suona, rispondo:

«Ciao Bea, sono Mario, dimmi tutto».
«Lasciamo perdere l’Armenia. L’Armenia è un posto di merda, è sempre stato un posto di merda e non ci andrà mai neanche mezzo turista. L’itinerario sull’Armenia non si fa, punto».
«Ma Bea, è… esotica, l’Armenia».
«Anche tua nonna, mi dicono, ma non ci sto scrivendo un articolo».
«Ok, se non te la senti passo il pezzo a qualcun altro».
«Passalo a chi ti pare, dico solo che fare l’Armenia è una gran cazzata».
«È per via della mostra sui Parti…».
«Ma davvero lì in redazione pensate che se uno se ne va alla mostra dei Parti, poi legge “Viaggiatori”, gli s’illumina la mente e parte per l’Armenia? Lo sai quanti alberghi ci sono in Armenia?»
«Ok, ok, ho capito, lo passo. Tu che proponi?»
«Ti propongo il turismo sessuale».
«In che senso?»
«Che vieni a cena da me stasera e ne parliamo».
«Ah. Uhm… senti… è un casino stasera…»
«Ok Mario, hai ragione, è un casino, vaffanculo».
«No no, aspetta, mi libero. A che ora passo?»
«Quando ti pare dopo le otto. E porta il vino».

Mario è un idiota che lavora da troppi anni per la DeAgostini entrando in quella mentalità da viaggiatore con le pantofole. All inclusive, last minute, all comfort e tutte queste stronzate qua. Alla DeAgostini s’intendono di viaggi come io di ortocultura. Zero. Scrivo bene, sono veloce, puntuale, documentata, e quindi mi permetto anche di alzare la voce. Itinerario in Armenia per sfruttare la mostra dei Parti, ma va a cagare, scrivo trentamila battute poi qualche caporedattore s’accorge che in Armenia non ci sono alberghi e mi dice «l’itinerario non è male però abbiamo deciso di rimandarlo, beninteso le verrà pagato all’uscita, ma per il momento non lo pubblichiamo». Allora che cazzo lo scrivo a fare?
Vi sento, vi sento che mormorate, «ma se Mario è un idiota che lo inviti a fare a cena?». Perché ha qualità nascoste.

Rassetto la casa per venti minuti, poi mi carico il borsone e vado in piscina. Lì, tra una vasca e l’altra, penso che, anche se l’ho detto al solo scopo di provocare Mario, l’idea di un servizio sul turismo sessuale non è male. Che io sappia non l’ha fatto nessuno. Oddio sì, «Gulliver» qualche anno fa, ma era solo sul sud-est asiatico, e ha suscitato un tale vespaio che hanno dovuto fare pubblica ammenda. Sì sì, un articolo sul turismo sessuale, magari nelle capitali europee, così nessuno rompe le palle. Madrid, Londra, Berlino e Parigi. Amsterdam ovviamente, anche se è fin troppo sputtanata. Dieci, dodici cartelle, un po’ di roba si tira giù da internet, a Londra c’è mia sorella, a Berlino Klaus e Sara, a Parigi… bah, vedremo… a Madrid Lea e Gisella.
Ventidue vasche in stile libero e mi rompo le palle, esco. La doccia la faccio qua, quindi m’insapono per bene, bagno schiuma profumato al vetiver, intimo per la topa, shampoo protettivo per il cloro della piscina.

L’idea di scoparmi Mario mi venne per la prima volta una sera che lo passai a trovare in ufficio sul tardi. Era tutto solo alla sua scrivania, stanco e arruffato. Mi sono detta (inspiegabilmente) “questo mi fa sangue”. Abbiamo parlato per un quarto d’ora di un pezzo sul Borneo. lo dicevo Borneo, e mentre lo dicevo pensavo “alzati, alzati, che voglio vedere il pacco”. Invece il coglione diceva Borneo e pensava Borneo. Dopo venti minuti: “ah si è fatto tardi, allora siamo d’accordo, quindicimila battute sul Borneo…”. Sti cazzi del Borneo, non mi trovi un po’ figa? Forse no, non era proprio un periodo buono, in effetti.

Torno a casa, sette e un quarto, via il borsone, via i vestiti, bagno, specchio, specchietto, luce laterale gialla, trucco… trucco? Come caspita mi trucco? Ci penso dopo.
La cena. Merda. Perché l’ho invitato a cena? lo odio cucinare. Farà pure parte dei preliminari, però che teatrino inutile, non basterebbe una cosa tipo “scopiamo dalle nove alle dieci, poi mi guardo la tele mentre tu dormi e infine ti svegli di soprassalto, ti ricordi che sei sposato e te la fili?”. No, eh?
Comunque, cena ho detto e cena dovrà essere. Che se lo portavo a cena fuori capace che poi: “sali a prenderti un bicchiere da me?”, “uhm… meglio di no che domattina viene un dirigente da Milano”. Rimane il problema della cena. Chiamo giù da Antonio per due piatti unici da farmi venire su alle otto e un quarto, già pronti, solo da riscaldare al momento opportuno. Spargo uno sproposito di candele per ogni dove. Apparecchio. Controllo i preservativi nel cassetto del comodino. Accendo la tele, c’è Fede, cambio, Liguori, cambio, Berlusconi, cambio, Papi, cambio, Mtv, ok lascio, alzo il volume, Anastacia si dà da fare. Figa.

La prima volta che me lo sono fatto è stato un annetto fa. Non una di quelle cose tristi tipo sesso in ufficio o una roba del genere, ma molto, molto meglio: convegno sul turismo termale a Montecatini. Tre giorni spesati dalla DeAgostini, e vai. Oddio, è stato un po’ arduo, ho scoperto poi che l’idiota non se lo figurava manco di striscio che io me lo sarei voluta scopare. No dico, rido alle tue battute, mi trucco da dea del glamour, mi arrampico su dei trampoli da fenicottero, vengo ad un convegno che mai in vita mia, e tu non te lo figuri…! Come dite? Gli uomini sono tutti uguali? No, no, vi assicuro che gira roba più sveglia, comunque alla fine la mia perseveranza è stata premiata. Mario è uno di quelli dai preliminari lunghi, dalla lingua a punta e dal pisello pulito, il che è già tanto.

Citofono uno: arrivano le pietanze, le porta su Ninetta, quindici anni, figlia maggiore di Antonio. Mancia, grazie Beatrice, ciao ciao. Già me la sento che sghignazza per le scale. Stronzetta, ha un fisico pazzesco e dimostra venticinque anni, ma come l’hanno tirata su, a ormoni?

Citofono due: Mario. Sale su con i fiori e il vino. Capito che tipo è? Ma chi glieli ha chiesti i fiori? lo odio i fiori, ma lui niente, tutte le volte i fiori. Secondo me legge «GQ». È probabile, oh dio.

La cena è lentissima, Mario si complimenta in maniera indecorosa per la mia cucina (Mario svegliati, quante volte t’ho detto che non cucino…!), poi iniziamo a parlare sul serio di turismo sessuale, partono le raccomandazioni, partono i “niente roba sul sud-est asiatico”, “niente giri strani”, “niente minori”, “niente internet”. E io buona, sì Mario, certo, praticamente turismo sessuale senza sesso. In pratica solo lo strillo in copertina. Una scusa buona per metterci una topona, evvabbé, sti cavoli, io me lo faccio pagare e va bene così.

Si fanno le dieci e un quarto, le dieci e mezza, Mario sta lì che blatera di turismo, di assetti editoriali, sul Bit di Milano, e che magari ci si va assieme. Come no, stai fresco, mica faccio l’accompagnatrice, io. Le undici, è l’ora X, il secondo spettacolo, il punto di non ritorno. Mi alzo, sparecchio, butto tutto nell’acquaio a casaccio, torno al tavolo, lui se n’esce ancora con l’Armenia. E no!

Mi siedo sulle sue gambe, sorride nervoso, inizio a baciarmelo, riassaporo la cena, gli lecco il collo (il che non è del tutto piacevole considerando il suo dopobarba). Gli sbottono la camicia e gli lecco il petto. Ansima. Ansima parecchio! Mi inginocchio in mezzo alle sue gambe e inizio ad accarezzargli il pacco. Poi non so perché mi viene in mente che è un po’ che non chiamo mia sorella. Gli tiro giù la lampo dei pantaloni e infilo una mano nelle mutande, ha il cazzo duro e caldo: lo estraggo dal suo nascondiglio. Mario mi accarezza la testa, tutto contento: un uomo che sta per essere spompinato in genere è contento. Mentre me lo metto in bocca penso alle tette di Ninetta e per l’ennesima volta accarezzo l’idea di rifarmi il seno. Vado un po’ su e giù, poi mi rompo e gli succhio una palla.

Mi alzo e vedo il disappunto dipingerglisi sul viso. E no, bello, se pensi che ti faccio venire subito ti sbagli, prima mi fai godere come si deve, e solo dopo ti puoi addormentare sul mio divano. Mario diligentemente esegue, e mentre me ne sto appoggiata al tavolo con la gonna alzata mi slingua per bene in mezzo alle gambe, vagina e buco del culo. Va avanti per parecchio tempo mentre io fisso la tele che senza audio continua a trasmettere video musicali, Blink 182, Chemical Brothers, qualcosa di antico dei Nirvana, le Cleopatra’s…

Alla fine si alza in piedi, mi schiaffeggia una chiappa e mi appoggia il cazzo alla fica. Pregusto il momento: pare che adesso viene il bello. Affonda all’improvviso con un colpo secco, mentre parte un nuovo video dei Dandy Warhol’s. Per un attimo mi si appanna la vista, mi viene ancora in mente mia sorella a Londra, che la devo chiamare, l’Armenia e orde di Parti che si schiantano sulle montagne dell’Anatolia, il turismo sessuale in Indocina e i miei quarant’anni. Mario ansima mentre stantuffa, le sue palle mi sbattono sul culo. Tutto si confonde in un brusio indistinto.

Viva, sono viva, anche se a volte vorrei essere qualcun altro, ma se mi chiedete chi, non saprei rispondervi. Io e la mia clitoride diciamo vaffanculo a tutti.