Un piccolo editore belga che sta crescendo con un discreto successo mi ha detto: «Adesso che ho 30 titoli in catalogo forse è ora che mi faccia un sito internet». In effetti non l’aveva. E non aveva nemmeno i social.
Questa situazione, nel mondo dell’editoria franco-belga, non è affatto un’eccezione. In genere gli editori prima fanno i libri, poi li distribuiscono e infine si fanno un sito internet e i social.
Gli editori italiani, invece, fanno l’opposto: si inizia dai social, ci si costruisce una fan base, si apre il sito, si lanciano i primi prodotti. E infine, a volte, si va in distribuzione in fumetteria e libreria.
La differenza è tutta nell’ecosistema editoriale, inesistente da noi, dove non c’è alcuna possibilità di «iniziare» un rapporto col lettore passando dalle librerie e dalle fumetterie (perché non vengono fatte prenotazioni a meno che non siano “sicure”) e rigidamente controllato dallo Stato in Francia e Belgio dove la Legge Darcos costringe addirittura Amazon a mettere le spese di spedizione sui libri così da non fare concorrenza alle librerie e fumetterie fisiche.
Due mondi, quello italiano e quello franco-belga, che si muovono con logiche diverse, quasi opposte. Da un lato la costruzione di un rapporto diretto con il lettore, dall’altro la fiducia nel sistema distributivo e nella forza del prodotto. Chissà se in futuro questi due modelli troveranno punti di contatto, magari con una maggiore attenzione al digitale da parte degli editori franco-belgi e una riforma del sistema distributivo in Italia.
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