C’è stato un tempo in cui scrivere e disegnare fumetti voleva dire arricchirsi.
Era il tempo in cui un fumetto veniva venduto in centinaia di migliaia se non milioni di copie.
Questo succedeva in Italia, negli Stati Uniti e direi più o meno in tutto il mondo Occidentale.
Il fumetto vendeva tantissimo e i disegnatori erano pochi.
Niente scuole di fumetto, ma spesso niente scuole del tutto.
Chi sapeva tenere in mano una matita era considerato «abile e arruolato» dagli editori.
Infatti i fumetti di una volta erano tipicamente scritti male e disegnati peggio. (Almeno per gli standard odierni).
Era l’epoca in cui disegnare fumetti era vergognoso e chi lo faceva utilizzava uno pseudonimo. Perché era un architetto, un illustratore, un pittore e, insomma, parafrasando un famoso libro, non dite a mia madre che disegno fumetti, lei mi crede pianista in un bordello.
Insomma si faceva una bella montagna di soldi a fare i fumetti (spesso vergognandosene) perché i fumetti vendevano un casino.
A scrivere o disegnare fumetti ci si campava la famiglia e ci si mandavano i figli all’università. Ci si comprava la prima e la seconda casa e restavano i soldi per la pensione.
Oggi, purtroppo, i fumetti vendono molto meno. Perché la base potenziale dei lettori è diminuita (non è più il tempo del “cinema di carta”, ci sono ben altri cinema) e perché la quantità di fumetti che si pubblica è enorme.
Inoltre oggi il numero di potenziali disegnatori e aspiranti tali è a sua volta enorme, con capacità tecniche incredibili.
In una vecchia intervista Manara si dispiaceva per i giovani che – al contrario di lui – non hanno occasione per fare gavetta (e Manara quando ha iniziato disegnava davvero come un cane).
Ma in realtà quello che il buon Milo avrebbe dovuto aggiungere è «gavetta pagata», perché i giovani autori sono costretti a farsi le ossa a spese loro, in autoproduzioni e cose simili. Editori anche piccoli e poco paganti si permettono una selezione basata sulla qualità perché semplicemente possono farlo.
Ecco tutto. Ecco la descrizione di un settore che, negli anni, è diventato estremamente competitivo e poco profittevole.
Ma è anche tutta la società che è cambiata, sono cambiati i valori, è cambiata “la fame”, e le prospettive.
Il fumetto rischia di trasformarsi, come la letteratura, in un passatempo per chi può permetterselo.
Comunque sia, siate cortesi, non dite a mia madre che faccio l’agente di fumettisti, lei mi crede pianista in un bordello.
L’immagine è tratta dal fumetto di Yambo Gli uomini verdi, 1935, dal suo romanzo Atlantide del 1901
via Wikipedia