Come quasi tutti gli autori sanno, è difficilissimo farsi rispondere a una mail da un editor ed è ancora più difficile ricevere un commento riguardo il proprio lavoro.
È difficile anche ricevere feedback riguardo a test fatti per la casa editrice.
Ma c’è un motivo, e non è quello che generalmente si crede (cioè che l’editor è stronzo).
La prima incomprensione riguarda la natura del lavoro dell’editor, che non è quello di dare giudizi o consigli, rivestendo il ruolo di dispensatore di patenti di artisticità.
L’editor è pagato dalla casa editrice per pubblicare libri.
Lo so quello che pensate, perché lo pensano tutti, perché l’ho pensato anch’io a suo tempo: cosa gli costa rispondere, non è forse cortesia?
Al netto che dentro ognuno di noi c’è l’omino del divano, per cui tra fare una cosa e non farla e restare sul divano, in genere vince la seconda opzione, devo dire che la matematica gioca a sfavore dei feedback.
Ipotizziamo che per dare una risposta ponderata a una mail un editor debba riflettere non dico tanto, dieci minuti? Sembra un tempo breve e tutto sommato sacrificabile.
Il problema è la quantità di gente che scrive per avere un feedback. E so per esperienza che parliamo di decine di persone al giorno.
E se quindi prendiamo quei dieci minuti e li moltiplichiamo per dieci persone a cui rispondere, abbiamo più di un’ora e mezza che se ne va per dare quei commenti. Ma l’editor non è pagato per questo, e dubito che un qualsiasi datore di lavoro gradirebbe avere un suo dipendente sacrificare una tale quantità di tempo.
C’è un’altra questione: che spesso il commento genera polemica. Sono pochi gli autori che accettano un commento negativo, e spesso si accapigliano a dimostrare all’interlocutore che si sbaglia.
Che è il motivo per cui, nei rari casi in cui l’editor dà feedback, questi sono un capolavoro di diplomazia e moderazione, con l’uso di frasi standard quali «sei bravo ma cerchiamo altro» o «abbiamo già chiuso il programma editoriale per i prossimi anni».
Parafrasando una commedia romantica: la verità è che non gli piaci abbastanza.
Per cui quando arriva un commento da un editor o un altro professionista, quello è oro.
Lo so che sembra che questo articolo sia pro editor anziché pro autori e che il mio mestiere è di tutelare gli autori. Ma per assurdo io posso procurare più facilmente contratti che commenti.
Ma c’è un’eccezione.
Perché in effetti molte case editrici, studi e agenzie, hanno un momento in cui vogliono vedere il vostro lavoro e commentarlo.
È il portfolio review.
Affrontare un faccia a faccia in cui un estraneo giudica il nostro lavoro non è facile. Ma è l’unico momento durante il quale potete non solo ottenere ma anche pretendere un commento.
Perché l’editor è pagato per fare quei portfolio review. È parte dei suoi impegni professionali, e dunque è giusto fare domande e ascoltare le risposte.
È un mondo difficile là fuori, e trovare qualcuno che dica onestamente quello che pensa del vostro lavoro è cosa preziosa. Vale la pena provarci!
L’immagine è tratta da
Paul Claudel, Audrey Parr, Darius Milhaud e Hélène Hoppenot, L’homme et son desir; poeme plastique (1917).
via Public Domain Review