Un breve profilo della fotografa e designer americana Rebecca Tillett, che ho avuto modo di pubblicare prima sulla rivista «Blue» e poi su «Fluffer Magazine» oltre che di esporre i suoi lavori in galleria.
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[dropcap]R[/dropcap]ebecca Tillett è una sopravvissuta, e come tutti i sopravvissuti ha una storia che non vuole raccontare, di conseguenza regala le sue fotografie all’eternità, in attesa che le venga assegnato un posto nella storia.
Rebecca Tillett (Becky per gli amici) è una sopravvissuta all’infinita periferia americana. Cresciuta ai bordi del deserto di Sonora, tra il Nuovo Messico e il Colorado, figlia unica di padre suicida e di madre cameriera. Figlia unica dell’America minore che non abbiamo mai visto, se non (intra)visto in decadenti film “off”, di quelli che si dice siano stati al Sundance Festival. Becky è una sopravvissuta alla fama.
La più giovane fotografa selezionata dalla Taschen per il voluminoso New Erotic Photography; chiamata senza sosta da Vogue, da Vanity Fair e da una mezza dozzina di stilisti americani. A tutti ha risposto «no grazie, mi fate dannatamente paura», ed è rimasta nel suo amato nulla statunitense a fotografare le amiche tatuate e gli amici sugli skate. Appena trentenne Becky ha uno sguardo disincantato. Poteva essere l’Ed Templeton della sua generazione, la Natacha Merritt della West Coast, e invece no: scrive poesie, alleva gatti, arreda casa assieme ad un altrettanto giovane e disincantato marito. Continua a scattare fotografie che non scimmiottano nessuno stile, originali, surreali, erotiche, esotiche.
Fotografie che raccontano di come si sopravvive oggi, nel cuore dell’Impero, con corpi imperfetti, vite imperfette e tutta la rabbia, il disincanto, l’amore e la follia.
Sapere di essere unici e sapere di essere già sconfitti non ha prezzo.
Benvenuti nell’America sopravvissuta.
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