Una domanda che una volta imperversava sulle riviste a fumetti (capite dunque che si trattava di parecchio tempo fa) era riassumibile più o meno in «ma dove sta andando il fumetto?».
Si immaginava insomma la nona arte come una pratica in via di sviluppo, che avrebbe potuto prendere direzioni diverse e chissà anche inaspettate.
Al momento attuale, quello in cui le arti sono tutte un ingranaggio del sistema nel quale i fumetti non fanno eccezione, la domanda quasi non si sente più.
E questo è un male, perché soprattutto per un professionista che vuole capire cosa può riservare il futuro, farsi e fare domande è essenziale.
Dove sta andando, dunque il fumetto?
Come si sarebbe detto un tempo «segue dibattito», io intanto ci metto il mio: l’ascesa dello «stile internazionale».
Sempre più spesso gli editori statunitensi e di area franco belga mi chiedono fumettisti dallo stile internazionale (o in grado di emulare detto stile).
Di che si tratta? Come mi ha detto un editore americano «uno stile che possa tranquillizzare un non lettore di fumetti, che non lo spaventi». O in altri termini di uno stile esportabile e globale, leggibile in tutto il mondo.
I comics americani, i manga, lo stile franco-belga e financo quello bonelliano in qualche modo hanno codificato un linguaggio artistico che sottende un patto con il lettore. Con il lettore di fumetti. Ma gli editori mirano sempre di più ad uscire dal recinto alla ricerca del lettore occasionale, o vendere in più paesi possibile la loro produzione. Operazioni che vanno a braccetto con i sempre più frequenti adattamenti a fumetti di romanzi dove si mira non a vendere il romanzo al lettore di fumetti, ma l’adattamento al lettore di romanzi.
Insomma, lo stile graphic novel depurato da ogni velleità artistica. O con qualche eco di queste velleità, a seconda del mercato di riferimento. Non a caso in Francia furoreggiano le docu-bd, un genere che non ha nemmeno una traduzione in italiano (per dire del provincialismo).
Questo supposto stile internazionale, ammesso che esista, urla semplificazione da tutti i pori. A voler essere maligni ricorda quei fumetti utilizzati in certe campagne pubblicitarie e realizzati non da fumettisti ma da illustratori prestati all’advertising.
Ma, ragazzi, quando funziona, funziona. E vende.
Mando regolarmente pagine dei fumetti più venduti all’estero tramite la newsletter di agenzia, in modo che gli artisti che rappresento abbiano un’idea precisa di come si muove il mercato.
Volendo qui, per brevità, fare un nome, mi viene in mente quello di Daniel Casanave, tra i più richiesti e venduti fumettisti francesi, che ha adattato a fumetti il saggio Sapiens, di Yuval Noah Harari (Albin Michel in Francia, Bompiani in Italia).
Come si vede dall’esempio che allego, uno stile sintetico e molto lontano dal “bel fumetto” franco belga. Ma, come direbbe l’editore, “funziona”.
È lo stile internazionale.