«Mio padre era un semplice doganiere, ma io avevo un sogno: fare il pittore». Adolf Hitler

[dropcap]D[/dropcap]io dammi un sogno, poi dammi la forza e la fortuna di realizzarlo, poi dammene un altro, che altrimenti mi uccido e commetto peccato. Dio ti prego dammi un sogno, uno qualunque, che la Roma vinca lo scudetto, che Berlusconi muoia e muoia male, che Israele e la Palestina trattino una pace duratura. Poi però dammi anche la capacità di sopravvivere al mio stesso sogno.

Se fossi stato nordamericano qualche anno fa avrei detto così: Dio ti prego fai perdere a Bush le elezioni, e falle vincere a un democratico negro. Lo so che è impossibile, ma è solo un sogno: fa che si realizzi.

Se fossi stato quel nordamericano, ora che mio figlio è morto in Afghanistan sotto la bandiera a stelle e strisce del comandante in capo premio nobel, democratico e negro, chiederei a Dio di proteggermi dai miei sogni, che spesso è meglio restino nell’onirico senza disturbare la veglia degli uomini della terra.

Anni fa aprii una galleria d’arte pensando che gli artisti figurativi avessero bisogno di una piattaforma a loro dedicata, persi com’erano e come siamo nel vortice del post-concettuale, del video e del post-moderno. Anni fa fidanzai una ragazza convinto che un focolare domestico fosse un rifugio e un santuario. Anni fa fondai una casa editrice, forte di una lunga esperienza e convinto che c’era spazio per libri importanti con qualcosa da dire. Inoltre pensavo, se non ora quando? Posso forse aspettare la mia decadenza fisica? Si lanci dunque il cuore oltre l’ostacolo!

Pubblicai un giorno un’intervista a Steve Lazarides, il formidabile gallerista londinese che aveva un sogno e che trattava gente del calibro di Banksy, JR, Invader, Ron English e Stanley Donwood. La rivista che facevo, Purple Magazine, dopo tre numeri si è sommata alla carovana di cammelli che si dirige lì dove ardono i fuochi perenni, e già questa cosa avrebbe dovuto farmi riflettere, ma evidentemente non lo fece. Il buon Laz raccontava che La vita è troppo breve per vendere monnezza che non ci piace (ma che magari piace agli altri). Bellissima citazione. La misi pure su facebook. Ma è migliorabile: La vita è troppo breve per vendere monnezza. Ma si può migliorare ancora: La vita è troppo breve per vendere. Fantastica. Così è perfetta. Aspetta ancora un momento: La vita è troppo breve. Dannato Steve! Il tuo era un gioco mentale, un trick! La vita è troppo breve per i sogni. Meglio tornarsene su quelle montagne dalle quali è sceso il mio bisnonno alla fine dell’Ottocento, sempre perché aveva un sogno.

Dio, liberami dai sogni. Liberaci tutti. Grazie.

PS. Quanto ci vuole affinché un sogno si trasformi in un incubo? Difficile dirlo, dipende da quanta strada lastricata di buone intenzioni vada percorsa, prima dell’inferno.